Lucrina Fetti
A Roma il naturalismo caravaggesco si confronta con quello dei Carracci, Rubens arriva nella Città Santa a servizio dei Gonzaga. Pochi anni dopo un giovanissimo Bernini inizia a scolpire le sue prime opere così vive e già palpitanti di quella luce che aprirà la strada al Barocco.
É in questo clima di fermento che si forma l’artista romana Giustina Fetti, sorella del noto pittore Domenico Fetti (Roma 1589/90 ca. - Venezia 1623), “che parimente anch’essa dipingeva” (Baglione 1642).
Giustina apprese i principi dell’arte nella bottega del padre, un pittore di nome Pietro Fetti, forse di origini ferraresi (Safarik, Milantoni 1990). La vera formazione artistica avvenne però accanto al fratello Domenico, allievo di Andrea Commodi e di Ludovico Cigoli. Fu infatti il prolungato contatto con quest’ultimo a definire lo stile di Giustina che ne assimilò la pennellata materica e fluida, i soggetti con labbra piccole ma carnose e le guance piene (Askew 1976).
Presumibilmente lo spostamento della famiglia Fetti a Mantova si deve agli anni giovanili di Domenico, all’epoca in rapporto con la famiglia Colonna, dapprima con il ramo di Paliano residente presso il Palazzo dei Ss. Apostoli a Roma. Furono costoro infatti a segnalare Domenico sia al ramo colonnese di Zagarolo che al futuro duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga, che nel 1611 risulta essere affittuario dei Colonna di Paliano a Palazzo dell’Olmo in piazza della Pilotta (Subiaco, Archivio Colonna, Inuent.o de mobili esistenti nel Palazzo del Olmo affitt.o all’E.mo et r.mo sig.r card.le Gonzaga, III BB. LXIX, n. 29).
Nel 1614 la famiglia Fetti lascia ufficialmente Roma per trasferirsi nel ducato mantovano. Scrive il Baglione: “il Serenissimo Duca (Ferdinando Gonzaga), sommo amatore della virtù, e in particolarmente della pittura, fece venire a Mantova non solo lei, ma il padre con tutta la famiglia, e a tutti provvide, e la fanciulla fece Monaca entro nobile Convento” (Baglione 1646, p. 147). In effetti fu grazie a una dote di 150 scudi, elargiti dal duca stesso il 3 dicembre del 1614 (Luzi 1913), che Giustina divenne monaca francescana nell’illustre monastero di Sant’Orsola, adottando il nome religioso di Lucrina. Braccio destro della badessa Margherita Gonzaga d’Este (1564 - 1618), che dopo la morte del marito Alfonso II si era riavvicinata al fratello Ferdinando, la pittrice dedicò tutta la sua vita al monastero, dove furono accolte nobildonne come Caterina de’ Medici e fanciulle in attesa di maritarsi, come Eleonora e Maria Gonzaga.
Le sue opere possono essere divise in due categorie: dipinti a carattere religioso e un nutrito gruppo di ritratti per la famiglia Gonzaga.
Un suo bellissimo autoritratto della maturità, in abito religioso, mentre dipinge una Crocifissione, è passato in un’asta Sotheby’s a Montecarlo, 16-17 giugno 1989, lotto 450 (Fototeca Zeri n. 34101).
Nella Nota de’ quadri trasportati dal monastero di Sant’Orsola in questo Regio Demaniale Ginnasio di Mantova, redatta da Giovanni Bottani nel 1786, risultano attribuite a Lucrina Fetti: due piccole tele rappresentanti Santa Maria Maddalena (oggi nella chiesa di S. Martino a Mantova) e Santa Barbara - tutte a figure intere -, quattro scene dedicate alla vita di Cristo tra cui l’Annunciazione, l’Adorazione dei pastori, la Visitazione e l’Adorazione dei Magi. Altre quattro tele decoravano la cappella di Santa Chiara: l’Orazione nell’orto, la Flagellazione, l’Incoronazione di spine e la Processione al Calvario, tutte siglate “S.[uor] L.[ucrina]F.[etti] R.[omana] F.[ecit] S.[ant] O.[rsola]” 1629 (Gladen 2005; Bourne 2009).
Tra tutte, l’opera che segna una svolta stilistica verso forme meno rigide e manieriste è l’Annunciazione, considerata “pregiato quadro del Feti” (Cadioli 1763, p.76). Riconosciuto di mano di Lucrina, il dipinto è stato oggetto di vari studi per la sua finezza e la ricchezza decorativa che lo contraddistinguono dalle altre opere religiose (Zerbi Fanna 1989).
L’inventario di Felice Campi del 1810 evidenzia già significative lacune nel monastero di Sant’Orsola, da cui vennero sottratte tele come la Santa Barbara, già in collezione Strinati. Lo stesso destino ha subito l’Adorazione dei pastori, in origine a sinistra dell’altare maggiore della chiesa del monastero, e la Deposizione che si trovava sul lato opposto. Quest’ultima potrebbe far parte delle tele dedicate alla Vergine e a Cristo rimosse dal convento quattro anni dopo la sua soppressione nel 1789 (Strinati, Pomeroy 2007).
Per la chiesa esterna, Lucrina dipinse nei suoi primi anni mantovani (1614-20) una Santa Margherita (Palmer Museum Art, The Pennsylvania State University, University Park, PA) a figura intera, lo sguardo in contemplazione, la bocca semiaperta e un’impalpabile aureola che si confonde tra le nuvole del cielo. Queste ed altre caratteristiche - come l’ampio abito che tende a raccogliersi all’altezza delle ginocchia - avvicinano l’opera alla Santa Barbara firmata e datata dalla pittrice nel 1619 (“Lu… Fetti fece l’anno 1619 in S.ta Orsola”, già Roma, coll. Strinati).
In questo gruppo è stato recentemente inserito il Santo Martire con la palma (1614 c.) appartenente alla serie di sei lavagne realizzate per il refettorio del convento.
Lucrina fu anche un’abile copista, come dimostra l’opera, firmata e datata 1625, desunta dalla Madonna del roseto di Francesco Francia (Alte Pinakothek, Monaco), allora conservata nel monastero di Sant’Orsola.
Per quanto riguarda la serie dei ritratti confluiti nella collezione di Palazzo Ducale a Mantova, apparterrebbero alla pittrice Il ritratto di Margherita Gonzaga defunta (1618), il che sembra trovare conferma nel testamento (1615) della fondatrice del convento, appunto Margherita Gonzaga d’Este, laddove dichiara di voler essere sepolta con un crocifisso tra le mani e il tipico abito delle orsoline (L’Occasio 2011).
A Sant’Orsola, lo storico ottocentesco Giovanni Battista Intra (Bazzotti 1996) documenta la presenza di “sei quadri con principesse Gonzaga a figura intiera e sei con principesse a mezza figura, oltre a due ritratti di religiose” nella cosiddetta stanza del Lavoriero, una sorta di studiolo secolare. In un’altra stanza si registrano altri nove ritratti, fra cui quello di un giovane principe e di un giovane religioso. Di questi dipinti è sicuramente identificabile quello di Eleonora Gonzaga (Mantova, Accademia Nazionale Virgiliana), firmato sul retro “Suor Lucrina Fetti romana in Sant’Orsola, Mantova, ha fatto, 1622”, considerato un ritratto nuziale di Eleonora, che era andata in sposa all’imperatore Ferdinando II proprio quell’anno. Il ritratto di Caterina de’ Medici, erroneamente menzionato nell’inventario del 1786 come Sant’Elena Imperatrice, e il ritratto di Maria e Eleonora II in veste di Imperatrice sono invece perduti.
Sappiamo che dopo la morte di Margherita Gonzaga (1618) il monastero attraversò una grave crisi finanziaria. Fu Lucrina Fetti a occuparsi in prima persona della sopravvivenza della struttura di Sant’Orsola dove, nel 1632, fece trasferire anche la sorella Giuliana Ferdinanda (al secolo Caterina), monaca del convento di Santa Chiara, con l’altra sorella Lucrezia Vittoria (al secolo Brigida). La loro dote (di quattrocento scudi l’una) era stata pagata dal fratello Domenico il 12 agosto 1619. Artista di fama e riferimento principale per le orsoline, Lucrina Fetti dimostrò ulteriormente il suo ruolo di colonna portante del monastero dopo la morte del fratello Domenico e quella degli altri fratelli Tommaso, Clemente e Vincenzo. La morte dell’ultimo fratello, infatti, le permise di rivendicare per il monastero di Sant’Orsola la generosa successione dell’illustre pittore, che consisteva principalmente nella Torre dello Zuccaro e nella rendita derivata da altri immobili. Secondo le note di Giovanni Pietro Bellori, Suor Lucrina Fetti sarebbe morta nel giugno 1673. Sicuramente è dichiarata come “già defunta” in un atto notarile del 1675 concernente l’affitto di un edificio in Mantova di cui era stata proprietaria insieme alla sorella, suor Giuliana Ferdinanda (Gladen 2005, p. 134 nota 34).
La sua orazione funebre fu composta e pronunciata da Giovanni Alessandro Martinelli, l’accademico mantovano autore anche degli elogi recitati alle esequie dei duchi Ferdinando e Vincenzo (Gladen 2005).
A fronte di tutto ciò, crediamo che la scelta di fornire la giovane Giustina di una dote consistente sia stata suggerita a Ferdinando Gonzaga dall’avveduta sorella Margherita che, servendosi delle abilità pittoriche e, in seguito, di quelle strategiche di Lucrina, riuscì a dare vita ad una sorta di membrana plasmatica, sottile e permeabile, tra “spazio privato - il palazzo“ e l’assoluto privato - il monastero” (Gavazza 2011, p.7).
Annalisa Rinaldi
Fonti archivistiche e Bibliografia
Subiaco, Archivio Colonna, Inuent.o de mobili esistenti nel Palazzo del Olmo affitt.o all’E.mo et r.mo sig.r card.le Gonzaga, III BB. LXIX, n.29.
Giovanni Bottani, Nota de’ quadri trasportati dal monastero di Sant’Orsola in questo Regio Demaniale Ginnasio di Mantova, in ASMn, Archivio Notarile, not. Angelo Pescatori, b. 7110, 13 dicembre 1786.
Felice Campi, Quadri esistenti nel locale dell’Accademia Virgiliana di Mantova (1810), in ASMi, Studi, parte moderna, b. 351.
Giovanni Baglione, Le vite de' pittori, scultori, architetti, ed intagliatori: dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 fino a' tempi di papa Urbano VIII nel 1642, Roma Fei, p. 147.
Giovanni Cadioli, Vita di Ludovico Civoli, pittore, in Sant’Orsola, Chiesa, e convento delle monache francescane, dette le Orsoline, in Descrizione delle pitture, sculture e architetture, Mantova 1763, pp. 71-76.
Alessandro Luzio, La Galleria dei Gonzaga..., Milano 1913, pp. 285-286.
Pamela Askew, Lucrina Fetti, in Women artists: 1550-1950: Los Angeles County Museum of Art, catalogo della mostra a cura di Ann Sutherland Harris, Linda Nochlin, Random House, New York 1976, pp. 124-130.
Myriam Zerbi Fanna, Lucrina Fetti pittrice, in Civiltà mantovana, n. s., 1989, nn. 23-24, pp. 35-53.
Eduard A. Safarik–Gabriello Milantoni, Fetti. L’opera completa, Electa, Milano 1990.
Ugo Bazzotti, “Margherita Gonzaga e il convento di Sant’Orsola”, in Domenico Fetti 1588/89-1623, E. A. Safarik (a cura di), Electa, Milano 1996, p. 46.
Cynthia A. Gladen, “Suor Lucrina Fetti: pittrice in una corte monastica seicentesca”, in I monasteri femminili come centri di cultura fra Rinascimento e Barocco, Gianna Pomata -Gabriella Zarri (a cura di), Roma 2005, Edizioni di storia e letteratura, pp. 123-141.
Claudio Strinati, Jordana Pomeroy, Italian Women Artists from Renaissance to Baroque, Skira, Milano 2007, pp. 183-187.
Molly Bourne, “From court to cloister and back again: Margherita Gonzaga, Caterina de’ Medici and Lucrina Fetti at the convent of Sant’Orsola in Mantua”, in Domestic Institutional Interiors in Early Modern Europe, Sandra Cavallo - Silvia Evangelisti (a cura di), 2009 (Vermont: Ashgate 2014), pp. 166-171.
Ezia Gavazza, Iconografie per gli ordini, in Monasteri femminili a Genova tra XVI e XVIII secolo, Ezia Gavazza – Lauro Magnani (a cura di), Diras, Genova 2011.
Stefano L’Occasio, Museo di Palazzo Ducale di Mantova, Catalogo generale delle collezioni inventariate. Dipinti fino al XIX secolo, Ed. Publi Paolini, Mantova 2011.
Cecilia Paolini, Lucrina Fetti, in Le Signore dell’Arte. Storie di Donne tra ’500 e ‘600, catalogo della mostra, Milano, Palazzo Reale 2021, Skira, Milano 2021, pp. 146-148 e scheda 2.17, p. 295.