Properzia de’ Rossi
“Properzia de’ Rossi da Bologna, giovane virtuosa, non solamente nelle cose di casa, come l’altre, ma in infinite scienzie, che non che le donne, ma tutti gli uomini l’ebbero invidia”.(Vasari 1550, p. 774).
La bolognese Properzia de’ Rossi è l’unica “madonna” artista a cui Vasari dedica una biografia nella prima edizione delle Vite del 1550, cioè appena vent’anni dopo la sua morte precoce. La prima dell’età moderna a osare “mettersi con le tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche, e fra la ruvidezza de’ marmi e l’asprezza del ferro”. Properzia ritorna nell’edizione delle Vite del 1568, dove guida una piccola ma significativa compagine di pittrici di elevata posizione sociale e professionale: le fiorentine suor Plautilla Nelli (1524 – 1588) e Lucrezia Quistelli (1541 – 1594) e la lombarda international Sofonisba Anguissola (1532 – post 12 luglio 1529).
La data approssimativa della sua nascita, da tale Girolamo de’ Rossi, si ricava da un atto del 1516 nel quale la “Domina Propertia” che cede un appezzamento di terreno con abitazione (da lei acquistato nel 1514) risulta “maggiore di venticinque anni”.
Più precisa la data di morte, riferita da Vasari: papa Clemente VII, a Bologna per l’incoronazione di Carlo V, avvenuta il 24 febbraio 1530, non potè soddisfare il suo desiderio di conoscere l’artista considerata “per un grandissimo miracolo della natura” poiché era morta “quella medesima settimana, et esser stata sepolta nello spedale della Morte” ((Vasari 1568, p. 173). La causa presunta è sifilide, visto che l’ultimo documento che la menziona risale all’aprile del 1529, quando dispone il pagamento di un debito residuo risultando ricoverata all’ospedale di S. Giobbe che, dal 1513, aveva cominciato a ricevere gli ammalati del ‘mal francese’ diffuso in Italia dopo l’assedio di Napoli del 1494 da parte di Carlo VIII.
Non si hanno notizie precise della sua formazione, taciuta dal Vasari, fino alla chiamata nella Fabbriceria di San Petronio tra la fine del 1524 e il gennaio del 1525.
Del periodo precedente abbiamo solo i citati documenti notarili del 1514-16 che attestano una discreta solidità economica della giovane “Commendabilis Mulier”. L’intraprendenza e il carattere impetuoso di Properzia descritto da Vasari sono confermati da diverse testimonianze documentarie.
Nel 1518, in società col nobile Dionisio Castelli (da cui aveva acquistato nel 1514 la proprietà poi rivenduta nel 1516), finanzia la ristrutturazione di un edificio della cappella di S. Lorenzo. Nel 1520 inizia una lunga e complessa vicenda giudiziaria sia civile che penale che oppone Properzia a un vicino di casa, il vellutaio milanese Francesco Crivelli. Costui accusa l’artista di aver danneggiato il suo orto agendo in complicità con Anton Galeazzo Malvasia, indicato come suo “concubino”. Nel gennaio del 1525, P. viene coinvolta nel caso dell’aggressione compiuta da un pittore, Domenico Francia (fratello di Francesco), ai danni di un altro pittore, Vincenzo Miola. Ad accusarla è un altro artista, Amico Aspertini, attivo come Properzia nel cantiere di San Petronio ma anche suo rivale, come racconta Vasari. Aspertini rende una testimonianza legalmente irrilevante (riferisce un episodio che gli era stato a sua volta riferito) da cui si evince solo l’animosità nei confronti della talentuosa collega/concorrente.
Come risulta dalle ricevute di pagamento nella Vacchetta de’ mandati 1517-1526 e dal Libro Mastro 1520-27 di S. Petronio, dal gennaio 1525 al luglio 1526 Properzia lavora alla decorazione dei portali della basilica e viene regolarmente inquadrata al pari dei colleghi maschi, come dimostra l’assegnazione dei ferri del mestiere, forniti dal fabbro di fiducia della fabbriceria. Può darsi tuttavia che l’ingresso di Properzia nel cantiere fosse stato facilitato dall’amicizia tra il suo “concubino” e Filippo Pepoli, presidente della Fabbrica di San Petronio dal 1511 al 1555. Del resto la prova di ammissione a S. Petronio, secondo Vasari, sarebbe stato un busto ritratto del padre di Filippo, il conte Guido Pepoli, commissionata secondo Vasari dal fratello Alessandro. Il Ritratto è stato individuato nel Museo della basilica ma l’attribuzione è discussa. Nel luglio 1526 la scultrice riceve dalla Fabbriceria 7 lire e 6 quattrini a compenso degli ultimi lavori eseguiti: “Sibille, angeli e un quadro di marmo”. Dopodichè non restano altre testimonianze di lavori e relativi saldi. Secondo Vasari, Properzia lasciò volontariamente San Petronio per protestare contro gli iniqui compensi ottenuti e il trattamento scorretto dei colleghi, come Aspertini. Insomma, un caso esemplare di mobbing nel XVI secolo.
Le opere sicuramente attribuite a Properzia de’ Rossi dalla storiografia recente sono solo tre: due formelle di marmo conservate nel Museo di S. Petronio e lo stemma-reliquario della famiglia Grassi, conservato nel Museo civico medioevale di Bologna (Fortunati–Graziani 2008). L’opera che meglio la rappresenta è Giuseppe e la moglie di Putifarre, destinata al portale destro di S. Petronio e oggi nel Museo della basilica. Vasari profonde una notevole dose di fiction nel suo giudizio storico: “Ella finì, con grandissima maraviglia di tutta Bologna, un leggiadrissimo quadro marmoreo dove (perciocché in quel tempo la misera donna era innamoratissima d’un bel giovane, il quale pareva che poco di lei si curasse) fece la moglie del maestro di casa del Faraone, che innamoratasi di Iosep, quasi disperata del tanto pregarlo, a l’ultimo gli toglie la veste d’attorno… Fu questa opera da tutti riputata bellissima et a lei di gran soddisfazione, parendole con questa figura del Vecchio Testamento avere isfogato in parte l’ardentissima sua passione”. Fiction perchè, mentre lo storico aretino fa intendere che l’amore di Properzia per il “bel giovane” non fosse corrisposto, negli atti del processo del 1520 tra Properzia e il vellutaio, Anton Galeazzo Malvasia, futuro podestà di Imola, viene indicato come complice per averla aiutata a guastare l’orto del vicino, in quanto suo “concubino”. Semmai va rilevata l’audace scelta della scultrice di porre al centro della scena non il casto Giuseppe, ma la sua seduttrice, proponendo un punto di vista inconsueto, ‘al femminile’, che in seguito colpirà l’attenzione del Parmigianino. Quanto alla composizione, memore dell’affresco di analogo soggetto di Giulio Romano nelle Logge di Raffaello, suggerisce una connessione con Marcantonio Raimondi, che ne aveva tratto una stampa. Raimondi infatti condusse una parte del suo apprendistato nella bottega dei Raibolini, in cui si formarono – fra Quattro e Cinquecento – non solo pittori, ma anche orefici e incisori. E sappiamo che Properzia conosceva di sicuro il fratello di Francesco Francia, Domenico. Una seconda formella con La moglie di Putifarre accusa Giuseppe, sempre nel Museo di S. Petronio e in passato attribuita ad Amico Aspertini, è stata riassegnata a Properzia, che a sua volta si sarebbe ispirata a un modello di Alfonso Lombardi. Questa circostanza è confermata dalle annotazioni della Fabbriceria dove risulta che uno degli incarichi dati a Properzia era appunto sviluppare modelli forniti da diversi maestri: da Nicolò Tribolo a Bernardino da Carrara, ad Alfonso Lombardi. Un recente restauro ha consentito di confermare l’attribuzione tradizionale, derivata dal racconto di Vasari, del reliquiario-ostensorio della famiglia senatoria Grassi nel Museo civico medievale di Bologna. Un esempio di come Properzia applicò il suo “capriccioso e destrissimo ingegno” con una straordinaria perizia tecnica e “si mise ad intagliar noccioli di pesche (in realtà albicocche, ndr.) con tutta la passione di Christo, fatta con bellissimo intaglio, con una infinità di persone, oltra i crucifissori & gli Apostoli” (Vasari 1550, p. 775). Purtroppo non sono pervenute testimonianze grafiche dell’attività di incisora descritta dal Vasari: “All’ultimo, costei si diede ad intagliar stampe di rame”. Nè sono rimasti documenti dell’attività svolta dalla de’ Rossi durante gli ultimi anni di vita, oltre al ricovero nell’ospedale di S. Giobbe nel 1529, verosimilmente affetta da sifilide, ma ancora in grado di gestire personalmente i suoi affari. Potrebbe essere stata la pestilenza che colpì l’Italia settentrionale nel 1529-30, e non la malattia venerea, a ucciderla nell’inverno del 1630, alla vigilia dell’incoronazione di Carlo V nella basilica di San Petronio per mano di Clemente VII.
“Properzia de’ Rossi of Bologna, a maiden of rich gifts, who was equally excellent with others in the disposition of all household matters, while she gained a point of distinction in many sciences well calculated to awaken the envy, not of women only, but of men also. Properzia was distinguished by remarkable beauty in person. She sang and played on musical instruments better than any woman of her day, in the city of Bologna: being endowed with much fancy and admirable facility in the realization of her ideas, she set herself to carve peachstones, a labour wherein she displayed such extraordinary skill and patience, that the results thereof were marvellous to behold; and that, not for the subtlety of the work only, but for the graceful elegance of the minute figures thus represented, and for the able manner in which they were grouped. It is without doubt a remarkable thing to see the whole history of the Crucifixion exhibited on so small a surface as that presented by the stone of a peach, comprising too, as do those executed by Properzia, a vast number of figures, besides those of the executioners and the apostles, and, what is more than all, exhibiting the most delicate treatment of each figure, with a truly admirable arrangement of all. Encouraged by her success in these attempts, Properzia resolved to apply to the superintendent of works to the cathedral for a portion of the labours to be executed, when the three doors of the principal façade of San Petronio were to be decorated with figures in marble. This she did through the medium of her husband, and to that application the superintendents returned a favourable reply, declaring themselves willing to entrust her with a portion of the work, but first requiring to see some specimen in marble of what she could perform.
Properzia thereupon immediately commenced a bust of the finest marble for the Count Alessandro de’ Pepoli; this represented the father of that noble, Count Guido Pepoli; it was taken from life, and gave infinite satisfaction, not only to the Pepoli family, but also to the whole city. The Sculptress consequently received a commission from the superintendents, who immediately gave her a portion of the work, wherein she produced a most admirable representation, to the delight and astonishment of all Bologna. The subject chosen wasthe Wife of Pharaoh’s Stewart, who, having become enamored of his servant Joseph, and falling into despair at the repulse received from him, is seeking to detain him by taking hold of his garment, an action to which the Sculptress has given a feminine gracefulness of inexpressible beauty; it is indeed reported that the unhappy woman was herself at the time in love with a very handsome young man, who seems to have cared but little for her, and she is supposed to have expressed her own feelings in this story of the Old Testament, which gave her great satisfaction, and was considered by all to be singularly beautiful.
But Properzia would never execute any other work for that building, seeing that although entreated by many persons to continue her labours therein, yet being constantly discouraged by Maestro Amico [Aspertini], who was not among those by whom she was requested to persevere, but who spoke ill of her on the contrary of the Superintendents; she would, as I have said, work no more for that edifice; and so powerful was the malignity with which she was assailed, that the wardens would pay her but a very wretched price for her labours. It is true that there were two angels of most beautiful proportions, and in fine relief, by the hand of Properzia, which are still to be seen in San Petronio, but these were done entirely against her will. She ultimately devoted her attention to copper-plate engraving, wherein she succeded to admiration, and was highly extolled; the poor enamoured young woman was indeed most perfectly successful in all things, with the exception of her unhappy love. The fame of this noble and elevated genius becoming noised abroad, soon extended through all Italy, and reaching the ears of Pope Clement VII, that Pontiff, immediately after having performed the coronation of the emperor at Bologna, made inquiry after the sculptress, but it was found that the unfortunate woman had died in that very week, and had been buried in the hospital called Della morte, as she had requested to be in her last will. Pope Clement, who had greatly desired to see Properzia, was sorry to hear of her death, but much more deeply grieved were her fellow citizens, who while she lived had held her to be one of the greatest miracles of nature that has been produced in our times”.
Giorgio Vasari, The Lives of the Most Eminent Painters, Sculptors, and Architects, 1568, III, pp. 171-173. (Trans. Mrs. Jonathan Foster, London 1898, pp. 236-241).
Properzia de’ Rossi is distinguished as the only woman – out of 142 artists– awarded her own chapter in Vasari’s 1550 first edition. The second, published in 1568, includes a few more females, but they are appended to de’ Rossi’s biography and other chapters on male artists, even if she had over 25 fellow professional women artists active in Italy during her life time.
Properzia de’ Rossi spent most of her approximately 40-year life (1490 c. – 1530) in Bologna. “Properzia’s artistic development is unfortunately unknown” , noted Irene Graziani, an art history professor at the University of Bologna and co-author - with Vera Fortunati - of “Properzia de’ Rossi: Una scultrice a Bologna nell’età di Carlo V” (2008). How she learned the art of engraving also remains uncertain, although there is a documented connection between Properzia and Domenico Francia, the brother of the Maestro of one of Bologna’s most successful atelier between 1400 and 1500, Francesco Francia.
Properzia devoted her career primarily to sculpting (from fruit pits to marble) and, finally, engraving. Unfortunately there is no example left of her activity of “copper envraving”, mentioned by Vasari.
Vasari omitted details of de’ Rossi’s training, despite the fact that he typically included this information as a way of boasting an artist’s pedigree. Instead, he skips from her early fruit-stone carvings to the mature marble works she was commissioned to make for the façade of the Basilica of San Petronio in Bologna.
The Grassi Family Crest in Bologna’s Museo Civico Medievale is one of three surviving works attributed with certainty to de’ Rossi. It is a filigreed crest-reliquary inlaid with 11 quarter-sized apricot stones: Christ’s apostles engraved on one side, female saints on the other. Sculpting fruit pits was a practice in Reinaissance Europe, albeit an uncommon one. Similar small-scale marvels can be found at the Grünes Gewölbe museum in Dresden and the Museo degli Argenti in Florence. But in early 16th-century Italy, de’ Rossi was the only artist acclaimed for using stone fruit pits as her medium. The astonishing detail of these minute carvings was much praised by Vasari.
Better known for her marble busts and sculptural decoration of public buildings, she won important commissions during her career. Of those sculptures commissioned for San Petronio, only one was attributed to de’ Rossi: “Joseph and Potiphar’s Wife” (1525-26). The marble bas-relief depicts the biblical story in which Joseph escapes the seductive clutches of his slave master Potiphar’s wife. The composition appears to be derivative from a fresco with the same subject by Giulio Romano in Raphael Rooms, perhaps from an etching by Marcantonio Bassetti, a former pupil of Francia’s studio.
Vasari, on the other hand, took a fictionalized view, reading the relief as an autobiographical expression of de’ Rossi’s unrequited love from an unnamed young man. In fact, in the papers of the 1520 court case between Properzia and her neighbor, the Milanese velvet maker Francesco Crivelli, she is reported to having a “concubine”: Anton Galeazzo Malvasia. A member of the Bolognese nobility, he might have been instrumental in introducing the sculptress to Count Filippo Pepoli, president of the Fabric of San Petronio from 1511 to 1555.
Fortunati–Graziani have recently added another marble bas-relief of the San Petronio Museum, traditionally attributed to Amico Aspertini, to the catalogue ofDe Rossi’s work: “Potophar’s wife accusing Joseph”.
In supplementing Vasari’s biography of de’ Rossi, scholars have found a trove of information from Bologna’s notaries and criminal records. In 1514 she bought a real estate property, which she resold only two years later. De’ Rossi appeared twice before the tribunal: in 1520 for allegedly destroying her neighbor’s (the velvet maker) garden, and in 1525 for trespassing and assaulting another artist, including throwing paint in his face and scratching his eyes. It is worth noting that her accuser was another fellow artist, Amico Aspertini, who had been an unfair collegue and competitor in San Petronio.
Considering how rare it was for women to pursue sculpture in the 16th century, and the widespread prejudice who believed the graceful female body was unsuited to the physical demands of chiseling marble, Vasari had to admit at the end of de’ Rossi’s “Vita”: “the marbles sculpted by her hand show what a woman can do with vigorous talent and skill”.
According to Vasari, she died in February 1530, just a few days before the coronation of Charles V by Pope Clement VII in the Basilica of San Petronio. After the ceremony, the Pope expressed his wish to meet the famous artist and was very saddened to discover that she had just passed away. The cause of death remains uncertain because, while it is recorded that in April 1529 she was being treated in the S. Giobbe hospital specialized in the care of patients with syphilis, between 1529 and 1530 an outbreak of plague hit Northern Italy.
Alessandra Masu
Fonti e Bibliografia
Giorgio Vasari, Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Torrentino, Firenze 1550, pp. 775-776; Giunti, Firenze 1568, pp. 171-173.
Vera Fortunati - Irene Graziani, Properzia de’ Rossi. Una scultrice a Bologna nell’età di Carlo V, Compositori, Bologna 2008.
Anna Cerboni Baiardi, “La frutta è servita: noccioli intagliati dalla collezione Bonamini-Pepoli: note su Properzia De' Rossi e Filippo Santacroce”, in Riflessi del collezionismo tra bilanci critici e nuovi contributi: atti del convegno (Urbino, Palazzo Albani, Aula Clemente XI, 3-5 ottobre 2013, Reflections on Art Collecting, between Critical Assessments and New Contributions, Biblioteca del CURAM, vol. I, Leo S. Olschki, Firenze 2014, pp. 103-123.
Irene Graziani, Properzia de’ Rossi, in Le Signore dell’Arte. Storie di Donne tra ’500 e ‘600, catalogo della mostra, Milano, Palazzo Reale 2021, Skira, Milano 2021, pp. 92-94 e schede 1.1 e 1.2, p. 278.
Oliver Tostmann, “The Advantages of Painting Small: Italian Women Artists and the Matter of Scale”, in By Her Hand, catalogo della mostra, Wadsworth Atheneum, Hartford, CT 2021-2022; Detroit Institute of Arts, Detroit, MI 2022, p. 35.
Sheila Barker, “Art as Women’s Work: the Professionalization of Women Artists in Italy, 1350-1800”, in By Her Hand, catalogo della mostra, Wadsworth Atheneum, Hartford, CT 2021-2022; Detroit Institute of Arts, Detroit, MI 2022, pp. 43-51.
Getty Provenance Index: London, 1803 March 29, Auction House Squibb (George), lot. 113: “Bernard Louino” (Bernardino Luini, Dumenza, 1481 c. – Milano, giugno 1532), “The Portrait of the celebrated Sculptress and Painter, Propertia Rosa The only one ever taken, as she died at an early period - from the Farneze gallery”.
Scheda biografica “Rossi, de’ Properzia” in Centro di documentazione delle donne artiste di Bologna: https://www.cittametropolitana.bo.it/pariopportunita/Rossi_de_Properzia